mercoledì 12 febbraio 2014

Stupefacenti: la Corte Costituzionale boccia il proibizionismo. Si all'uso personale


La Corte Costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi che equiparava droghe leggere e pesanti, con una sentenza letta nel primo pomeriggio di oggi e dopo una lunga camera di consiglio: nella norma di conversione furono inseriti emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto.
“La Corte costituzionale, nella odierna Camera di consiglio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge – degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti).”
Con la decisione rivive la legge Iervolino-Vassalli come modificata da referendum promosso dal Partito Radicale nel 1993, che prevede pene più basse per le droghe leggere (da 2 a 6 anni, la Fini-Giovanardi prevedeva da 6 a 20).
La cannabis legale in Italia?
E’ un po’ presto per fare festa ma, giura un antiproibizionista di razza come Marco Pannella, entro due anni sarà cosa fatta: nel frattempo la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla illegittimità della cosiddetta Fini-Giovanardi, quella legge n. 49 del 21 febbraio 2006 che ha fortemente inasprito le politiche antidroga dello Stato.
Norme partorite quasi 8 anni fa che oggi, al pari di quella discussa sentenza sul Porcellum, vengono rimesse in discussione: la Fini-Giovanardi viola l’articolo 77 della Costituzione: manifesta disomogeneità tra le norme previste dall’originario decreto legge e quelle poi approvate in sede di conversione parlamentare.
A spedire agli ermellini la Fini-Giovanardi era stata la terza sezione penale della Corte di Cassazione: la vicenda era partita dal ricorso un uomo che, per il trasporto di 3,8kg di hashish, era stato condannato, a Trento, a quattro anni di reclusione e 26mila euro di multa, senza condizionale. Il dubbio della Cassazione era in particolare sul contenuto di quel decreto legge (che riguardava le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, di cui reca anche il nome); i temi contenuti nel decreto erano: lo svolgimento delle Olimpiadi invernali di Torino, misure per prevenire e combattere la criminalità organizzata, altre per assicurare il diritto di voto degli italiani residenti all’estero e, infine, norme per favorire il recupero dei tossicodipendenti.
Temi ben diversi da quelli poi convertiti in legge dall’Aula, che ha cancellato la tabulazione delle sostanze, di fatto equiparandole tutte; una conversione in legge fatta tramite un mostruoso maxiemendamento contro il quale, negli scorsi 8 anni, in molti hanno sollevato dubbi di costituzionalità. La Corte ha bocciato due articoli di quella legge (il 4-bis e il 4-vicies ter) perché adottati eccedendo i limiti del legittimo esercizio del potere legislativo in sede di legge di conversione. 
Gli effetti di un pronunciamento in linea con le previsioni della vigilia sarebbero consistenti: immediatamente ne troverebbero beneficio gli imputati nei processi in corso e quelli già condannati perchè la Consulta farebbe rivivere le pene più lievi (da 2 a 6 anni di carcere) per lo spaccio di droghe leggere, anziché la reclusione da 6 a 20 anni (e la multa da 26mila a 260mila euro) prevista dalla Fini-Giovanardi.
Una differenza non da poco (il massimo della pena corrisponderebbe al minimo previsto dalla Fini-Giovanardi) che, guardando nelle carceri e nei tribunali, potrebbe avere un effetto anestetizzante del dramma del sovraffollamento degli istituti di pena e dell’intasamento delle Aule di giustizia: alla fine del 2013 su 23mila imputati ben 8mila risultavano ristretti per violazione della legge sugli stupefacenti, mentre su oltre 40mila condannati, circa 15mila erano in carcere per lo stesso tipo di reati.

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