Innovativa ordinanza del Tribunale di giustizia amministrativa di Trento in tema di contributo unificato nel processo amministrativo [1].
Uno studio legale ha ottenuto la sospensione del pagamento vedendosi riconosciuto il rischio di un pregiudizio grave. La storia recente del contributo da versare a corredo di ogni azione giudiziaria, vede un ultimo balzo all’insù per i giudizi civili varato con l’articolo 53 del dl 90/2014.
Da tempo, peraltro, nella giustizia amministrativa il contributo ha destato forti perplessità, sia per l’entità, sia per il suo moltiplicarsi in caso di motivi aggiunti. Proprio il Tribunale di Giustizia amministrativa di Trento [2]si è rivolto alla Corte di giustizia Ue ritenendo che il contributo imposto a carico di chi impugni appalti sia, per l’elevato suo importo, in contrasto con i principi di agevole accesso posti dalla Direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989 n. 665. (Leggi anche: Il contributo Unificato al Vaglio della Corte di Giustizia dell'Unione Europea)
Coerente a tale dubbio, giunge ora un singolo provvedimento cautelare che sospende una richiesta di pagamento indirizzata a tre avvocati da parte della segreteria del Tribunale di giustizia amministrativa di Trento.
Nel caso dell'Ordinanza in commento, si tratta del primo caso di sospensione della pretesa tributaria, che ha particolare importanza in quanto il contributo da versare, pur essendo elevato (da 650 a 6.000 euro) non è tuttavia insopportabile e ricade oltretutto sul cliente.
Secondo i giudici trentini, tuttavia, l’importo economico può lievitare a cascata, per interessi e sanzioni, comportando negative conseguenze per lo studio legale, sia in termini patrimoniali che sul piano dell’immagine professionale. In conseguenza, anche se il contributo da pagare è a carico del cliente, il Tribunale ha ritenuto di sospendere la richiesta di pagamento, ritenendo “grave” il pregiudizio dei professionisti qualora il pagamento mancasse o fosse ritardato.
La leva tributaria sull’accesso alla giustizia amministrativa ha da tempo sollevato notevoli critiche, in particolare perché ha assunto un ruolo volutamente dissuasivo, in contrasto con il diritto di difesa: ad esempio, in materia di appalti pubblici si impone alla parte ricorrente il pagamento di un importo che può giungere a 6.000 euro (per cause di valore superiore ad un milione di euro) ma aumenta della metà nei giudizi di appello.
Il valore dell’appalto inoltre, è illogicamente considerato come valore dell’opera, non come utile (circa il 10%) che l’imprenditore vorrebbe ottenere.
A margine del contributo vi sono poi importi per liti temerarie, rimesse alla discrezionalità del Tribunale come strumento deflattivo del contenzioso.
[1] TAR Trento . n. 58 del 25.06.2014.
[2] TAR Trento prd. n. 23 del 29.01.2014.
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