giovedì 17 ottobre 2013

Legge di Stabilità: prorogate le detrazioni fiscali risparmio energetico e ristrutturazione edilizia. Si applica la SCIA

Tra le misure della Legge di Stabilità appena varata dal governo Letta c'è la proroga dell'ecobonus, ovvero delle detrazioni fiscali per i lavori di rinnovamento energetico, nonchè la proroga per le detrazioni fiscali per i lavori di ristrutturazione edilizia: l'ammontare totale per questi sconti fiscali è previsto di un miliardo di euro.
Senz'altro questa è tra i più positivi punti della Legge di Stabilità, che da più parti viene criticata perchè ritenuta poco incisiva o perchè aumenta alcune tasse, come ad esempio l'imposta di bollo sui prodotti finanziari (ma non la tassazione sulle rendite, ovvero sugli interessi maturati): certamente però dare un simile sostegno al settore edilizio ed energetico è un fattore che va sottolineato, se non altro perchè inserito un po' al volo.
Dunque vediamo come sono state prorogate queste detrazioni fiscali:

  • ecobonus risparmio energetico: se prima la detrazione fiscale al 65% era a termine per il 31 dicembre 2013, ora invece lo è al 31 dicembre 2014, ovvero sarà valida per le spese documentate sostenute entro tale data
  • detrazioni fiscali lavori di ristrutturazione edilizia: in questo caso si ha un'agevolazione del 50% sempre per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2014 (prima il termine era al 31 dicembre 2013 per le case singole, al 30 giugno 2014 solo per i lavori nelle parti comuni dei condomini)
Poi nel 2015 ci sarà una riduzione che porterà il bonus fiscale per risparmio energetico al 50%, quello per i lavori di ristrutturazione edilizia (che comprendono anche acquisti di mobili, alcuni complementi di arredo ed elettrodomestici classe A+) al 40%. dal 2016 si tornerà alle detrazioni fiscali 36% per entrambe le tipologie di lavori.

A tal proposito occorre ricordare che dal 21 agosto 2013 è in vigore la legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione del decreto “del Fare” (Decreto Legge del 21 giugno 2013, n. 69).
Con la legge di conversione sono state introdotte alcune modifiche e integrazioni all’art. 30, relativo alle misure di semplificazione in materia edilizia.

Demolizione e fedele ricostruzione senza vincolo della sagoma (comma 1, lett. a)
L’art. 30, comma 1, lett. a),  rivede la definizione di ristrutturazione edilizia contenuta nel Testo Unico Edilizia eliminando all’art. 3, comma 1, lett. d) del Dpr 380/2001 il riferimento alla “sagoma”.
Tali interventi anche senza il rispetto della sagoma originaria (intesa come conformazione planovolumetrica della costruzione e del suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale) non saranno più inquadrati come nuove costruzioni, ma rientreranno nell’alveo delle ristrutturazioni edilizie salvo, come detto si tratti di interventi:
- su immobili soggetti a vincolo ai sensi del D.lgs. 42/2004. In tali casi la demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma sarà considerata sempre nuova costruzione e soggetta a permesso di costruire o Dia in alternativa;
- su immobili ricadenti nei centri storici. In tali casi saranno i Comuni che entro il 30/06/2014 dovranno decidere in quali aree non sarà consentito eseguire l’intervento di demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma con Scia.
Al fine di comprendere la portata della norma si ritiene necessario riassumere brevemente i termini della questione.
Il decreto legge 69/2013, come convertito in Legge 98/2013 dirime, infatti, una delle questioni di maggior dibattito a livello giurisprudenziale e dottrinale la cui soluzione è stata sollecitata in passato dall’Ance.
Il Dpr 380/2001 ricomprende all'interno della "ristrutturazione edilizia" (art. 3, comma 1, lett. d) l'intervento di demolizione e fedele ricostruzione dell'immobile.
Il successivo D.lgs. 301/2002 che ha coordinato il Testo Unico Edilizia con la legge 443/2001 c.d. Legge obiettivo, ha ampliato la nozione di demolizione con successiva ricostruzione, indicando come elementi limitativi unicamente il rispetto della stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente, mentre sono stati eliminati il rispetto dell'area di sedime e dei materiali originari.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 309/2011, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 27 della legge della Regione Lombardia 12/2005 nella parte in cui escludeva il rispetto della sagoma nella ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione.
In particolare, la Corte ha ribadito la titolarità dello Stato nell’individuazione delle categorie di intervento in quanto principi fondamentali dato che è in conformità a queste ultime che viene disciplinato il regime dei titoli abilitativi con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi ed alle relative sanzioni, anche penali.
Gli effetti di tale pronuncia hanno creato molti problemi non solo per gli interventi futuri, ma anche pericolosi vuoti normativi e situazioni di incertezza nei confronti di interventi in corso ed oggetto di legittimi titoli abilitativi edilizi.
Le azioni dell’Ance sono state, pertanto, finalizzate a rimuovere tale ostacolo nella consapevolezza che gli interventi di sostituzione edilizia rappresentano una tipologia di intervento in espansione (vedi anche decreto legge 70/2011) e quindi di importanza vitale per il settore delle costruzioni.
Molteplici sono i riflessi che determina l’inquadramento della demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma nell’alveo della ristrutturazione edilizia anziché della nuova costruzione.
Si evidenzia che, come affermato anche dalla giurisprudenza, in caso di ristrutturazione edilizia, anche mediante la demolizione e ricostruzione, ai fini della conformità urbanistica la normativa di riferimento sarà quella vigente all’epoca della realizzazione del manufatto e, non invece, quella sopravvenuta al momento dell’esecuzione dei lavori (Tar Puglia n. 2341/2006; Tar Puglia n. 3210/2004).
Ne consegue che, diversamente da un intervento qualificato di “nuova costruzione”, si potranno mantenere i parametri edilizi e urbanistici (es. distanze, altezze ecc.) esistenti al momento della realizzazione del fabbricato senza necessità di doversi conformare alle successive e mutate discipline urbanistiche.

Ristrutturazione edilizia - interventi di ricostruzione di edifici crollati o demoliti (comma 1, lett. a)
L’art. 30, comma 1, lett. a), aggiunge all’art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico Edilizia, relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia, anche gli “interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
La modifica, definisce in via legislativa un'ulteriore questione dibattuta a livello giurisprudenziale.
La qualificazione come ristrutturazione della demolizione e successiva fedele ricostruzione richiede necessariamente la sussistenza del fabbricato da ristrutturare.
Una struttura identificabile come organismo edilizio del quale rimangano soltanto pochi residui e tracce, la cui opera muraria non consenta, in realtà, la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi, la sua fedele ricostruzione, ha portato la giurisprudenza ad essere concorde nel considerare l’immobile un rudere e la relativa ricostruzione come intervento di “nuova costruzione” non equiparabile alla ristrutturazione edilizia (tra le tante Cons. Stato n. 5375/2006), con tutte le conseguenze negative del caso in merito alle disposizioni in tema di distanze, altezze ecc.
In particolare, la demolizione per essere ricondotta alla nuova nozione legislativa di “ristrutturazione edilizia” deve essere contestualizzata temporalmente nell’ambito di un intervento unitario volto nel suo complesso alla conservazione di un edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell’inizio dei lavori (Cass. pen. n. 14455/2003).
Con le modifiche al Testo Unico Edilizia previste dal decreto legge 69/2013, come convertito nella Legge 98/2013, gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione saranno considerati “ristrutturazione edilizia” purché sia possibile “accertarne la preesistente consistenza”.
Ciò potrà essere dimostrato, ad esempio, con documentazione catastale, tecnica, iconografica al fine di fornire all’amministrazione comunale elementi utili per poter ricavare l’effettiva consistenza del fabbricato (il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5791 del 2004 ha stabilito che sulla base delle planimetrie in possesso del Comune era “tecnicamente verificabile” la ricostruzione della volumetria).
Anche in questo caso si specifica che tale modifica non si applica agli interventi su immobili soggetti a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004. In tali casi la fattispecie integrerà la nuova costruzione.

Scia per gli interventi di ristrutturazione edilizia nonché delle varianti minori ai permessi di costruire con modifica sagoma (comma 1, lett. c , e)
Conseguenziali alle modifiche apportate con l’eliminazione della sagoma sono quelle relative al regime dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia o delle cd. “varianti minori” ai permessi di costruire.
In particolare, viene eliminato il riferimento della sagoma all’art. 10, comma 1 lett. c) e specificato, all’art. 22, comma 2 del Dpr 380/2001, che le varianti ai permessi di costruire sono realizzabili con DIA (ora SCIA) purché non alterino la sagoma dell’immobile “qualora sottoposto a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004”.
Pertanto, gli interventi di ristrutturazione edilizia nonché le cd “varianti minori” ai permessi di costruire ai sensi dell’art. 22, comma 2 Dpr 380/2001 che comportino modifiche della sagoma non saranno più soggette a permesso di costruire o a Dia in alternativa al permesso di costruire, ma a Scia.
Tale semplificazione non sarà applicabile nei casi di interventi su immobili vincolati per i quali sarà sempre necessario il permesso di costruire o in alternativa la Dia.
 
Inoltre,  sono state introdotte delle limitazioni nei centri storici:
La legge di conversione ha, quindi, introdotto un’ulteriore limitazione con riferimento agli interventi ricadenti nei centri storici. In particolare, nel nuovo articolo 23 bis del Dpr 380/2001, come introdotto dal dall’art. 30, comma 1, lett. f del decreto legge 69/2013, poi modificato dalla legge di conversione, è stato specificato che all’interno delle zone A di cui al Dm 1444/68 e in quelle equipollenti, i Comuni dovranno entro il 30 giugno 2014 individuare, con propria deliberazione, le aree nelle quali non è consentito eseguire con SCIA un intervento di demolizione e ricostruzione, o presentare una variante al permesso di costruire, che comportino modifica della sagoma. 
Decorso tale termine e in mancanza di un intervento sostitutivo della Regione la norma prevede la nomina di un Commissario ad acta nominato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Nelle aree in cui sarà consentito eseguire i lavori con SCIA gli stessi non potranno iniziare immediatamente, ma decorsi 30 giorni.
A seguito delle modifiche apportate in sede di conversione la possibilità di eseguire un intervento di demolizione e ricostruzione, o presentare una variante al permesso di costruire con SCIA che comportino modifiche della sagoma è, quindi, esclusa per gli immobili:
- soggetti a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004 (in questo caso è necessario sempre il permesso di costruire o la Dia in alternativa);
- ricadenti nella zona A del DM 1444/68 o in quelle equipollenti, fino a quando il comune non abbia assunto il provvedimento di individuazione (termine massimo 30/06/2014) o al successivo intervento sostitutivo.
Si richiama l'attenzione sul fatto che non è stato previsto né un termine, né le modalità per l'esercizio di tale potere sostitutivo il cui esercizio potrebbe essere oggetto anche di istanza da parte del soggetto interessato.


Nessun commento:

Posta un commento